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Ecologia, Salute ed Economia

Archive for settembre 2009

La Genziana e Quintessentia: erboristeria come una volta

Posted by darmel su 20 settembre 2009

Cammindando per le vie del centro di Milano spesso capita di scoprire cose molto interessanti. In occasione dell’evento “Via Tadino e dintorni in mostra“, una manifestazione artigianale, artistica e teatrale, ho scoperto un piccola erboristeria che vende prodotti naturali di qualità: l’esercizio commerciale si chiama “La Genziana” e si trova in Via Alessandro Tadino, 1 – Milano 20124; al momento non ha un sito web ma pare che presto se ne doterà.

Non mi capitava di vedere erboristerie così da molto tempo, poichè ad oggi la maggioranza di quelle che hanno l’insegna di erboristeria hanno tutto tranne che erbe o estratti di piante. I prodotti di madre natura sono stati sostituiti da pillole, compresse e polverine con nomi fantasmagorici e di dubbia origine.

Questa erboristeria invece ha un intero scaffale di piante ed erbe, che vende a peso, oltre ad una serie di prodotti derivati direttamente da piante: come lo sono gli estratti idroalcolici, le essenze e le tinture di erbe. Tutti i prodotti sono ottenuti con processi estrattivi tradizionali per mantenere intatte le proprietà fitoterapeutiche delle erbe.

L’erboristeria è gestita da una persona simpatica, appassionata e competente, felice di illustrare le proprietà delle erbe e indicare quelle adatte per ogni particolare situazione e condizione fisica. I clienti dell’erboristeria la conoscono per lo più attraverso il passa parola.

L’erboristeria distribuisce per lo più i prodotti dell’azienda Quintessentia, uno studio e laboratorio di erboristeria e cosmesi naturale. La descrizione dell’azienda rende più di ogni mio commento.

Quintessentia nasce nel 1974 ed è fra le prime aziende in Italia a impegnarsi nella ricerca e nella preparazione di fitocosmetici e prodotti erboristici.

I suoi principi ispiratori fanno riferimento a un ideale di integrazione e sintonia con il mondo naturale in un’ottica di complementarità fra vita umana, animale e vegetale, contrariamente all’atteggiamento oggi dominante per cui la natura sempre più è considerata nel migliore dei casi un bel paesaggio da fotografare, ma più spesso qualcosa da sfruttare e di cui abusare.

Per questi motivi Quintessentia fin dalle sue origini ha puntato più sulla qualità dei prodotti che sull’immagine e sulla pubblicità. Lontana per scelta dalla produzione di massa e industriale, si caratterizza per l’accurata preparazione artiginale di ogni singolo prodotto, studiato ed elaborato seguendo una tradizione e una cultura millenaria che fa sì che i preparati conservino appieno non solo i principi attivi ma anche l’essenza caratteristica di ogni pianta ovvero la sua “anima”.

Sin dall’inizio della sua attivià Quintessentia ha posto particolare attenzione non solo alla qualità delle materie prime che vengono selezionate con estrema cura ma anche all’utilizzo di metodi di lavorazione tali da mantenere “vitali” i suoi preparati.

Fedele ai suoi principi ispiratori, Quintessentia utilizza quasi esclusivamente materie prime naturali per le sue formulazioni fitocosmetiche. Da qui la peculiarità di poter assegnare alle sue preparazioni artigianali una data di scadenza che tuteli la loro integrità e genuinità.

Finalmente usciamo dai dannosi concetti di “produzione di massa”, “massimizzazione dell’efficienza” e “incremento dei margini di profitto” e invece parliamo di “rispetto della natura”, “qualità dei prodotti” e “materie prime naturali”.

Per quello che mi riguarda io ho già iniziato a fare acquisti (pezzi di radici di liquirizia e ortica per preparare le tisane) e presto tornerò per un secondo giro.

Fonte:
La Genziana – Via Alessandro Tadino, 1 – Milano 20124
Quintessentia

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SAEM di Altamura: vivendo il boom del solare

Posted by darmel su 19 settembre 2009

Avete un terreno da almeno 3,5 ettari in Puglia o il tetto di un opificio di almeno 3 mila metri quadrati da dare in affitto? Ad Altamura, provincia di Bari, Francesco Maggi è la persona che fa per voi: è alla ricerca di nuove superfici da «coltivare» a fotovoltaico. Ma l’amministratore delegato di Saem, società controllata dal gruppo Kerself di Parma, non è l’unico in Puglia a caccia di terreni buoni per impiantare pannelli fotovoltaici, perché da qualche anno il boom delle energie rinnovabili ha aperto un fiorente mercato sottostante: terreni a peso d’oro. «Prima del varo del conto energia i terreni agricoli costavano intorno ai 10-20 mila euro all’ettaro» dice Maggi. «Oggi siamo arrivati a quotazioni che superano i 30-35 mila euro per ettaro».

È l’altra faccia dell’eldorado italiano delle energie rinnovabili. Spiega Maggi: «Qui in Puglia tutti, operatori del settore e intermediari, hanno avviato l’iter autorizzativo. Ma la stragrande maggioranza tende a vendere l’autorizzazione e l’opzione per la connessione alla rete elettrica, cioè a Terna, prima di arrivare alla fase esecutiva del progetto. Detto in una parola: il settore è popolato da figure che non c’entrano niente con il fotovoltaico» E poi, con l’esperienza imprenditoriale acquisita in anni di attività nel settore, aggiunge: «Serve un minimo di regolamentazione per fermare le aziende di carta che danneggiano gli operatori seri e il mercato delle energie rinnovabili».

Impiantisti elettrici giunti alla terza generazione, Francesco Maggi e il fratello Sebastiano hanno cominciato a pensare alle energie alternative già nel 1998, con la costruzione di piccoli impianti fotovoltaici che fornivano energia ai pali dell’illuminazione e ai cartelli stradali. Poi, il mercato è letteralmente esploso. «Nel 2003 fu lanciato il piano dei 10 mila tetti fotovoltaici in tutta Italia» dice Maggi «ma il vero boom è scoppiato soltanto nel 2007 con il nuovo Conto energia». Così la piccola azienda di famiglia ha cominciato a macinare commesse e utili e per seguire più da vicino la crescita tumultuosa del fotovoltaico ha separato le attività legate agli impianti elettrici (con contratti importanti: dal Teatro Petruzzelli di Bari – ancora chiuso per dispute politico-amministrative tra il Comune e il ministro Bondi – al San Carlo di Napoli) da quelle fotovoltaiche.

Nel 2007 l’asset più promettente di Saem è finito nel mirino del gruppo Kerself di Parma, che lo scorso anno ha rilevato il 55% dell’azienda dei Maggi. Il risultato? Nei numeri dell’azienda: 160 dipendenti (erano 30 un anno e mezzo fa) e 20 milioni di fatturato nel 2008 che quest’anno dovrebbe schizzare a 70 milioni, annuncia con comprensibile soddisfazione Maggi.

«Abbiamo diversi parchi fotovoltaici in costruzione» racconta «stiamo realizzando una commessa di 6 megawatt a Gravina in provincia di Bari; stiamo realizzando un impianto da 7 megawatt nel Salento per il nostro gruppo e abbiamo appena siglato una joint venture con Ldk solar, società cinese quotata alla Borsa di New York, per la costruzione di cinque impianti fotovoltaici in Puglia da un megawatt ciascuno». Ma le attività della Saem non si fermano alla Puglia. L’internazionalizzazione e la ricerca (scounting) di nuove opportunità di mercato sono al primo posto nell’agenda imprenditoriale di Maggi. In queste settimane, per dire, l’attenzione è concentrata sulla Bulgaria.

Fonte: blogonomy.it

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Nuovi impianti eolici: più efficienti, senza pale e a forma di cono

Posted by darmel su 18 settembre 2009

Presentato a Firenze un aerogeneratore con un design alternativo. La sperimentazione è quasi terminata e i test si stanno svolgendo in Italia. È un prototipo e pare che «sarà anche più efficiente» rispetto agli attuali impianti eolici, infatti secondo gli esperti, «Tornado», primo esempio di «eolico senza pale», entro pochi mesi potrà essere installato, funzionare perfettamente anche in zone dove il vento è debole (anche 2 metri al secondo) e diventare un’alternativa ai contestati aerogeneratori, le grandi pale cattura energia dal vento che stanno provocando reazioni contrapposte tra ambientalisti, paesaggisti e imprenditori. Diversi comuni si stanno opponendo all’installazione dei classici impianti eolici a causa degli effetti negativi sul paesaggio.

TRE METRI DI ALTEZZA – «Tornado Like», progettato da un gruppo di ingegneri russi e ingegnerizzato dalla «Western co», società di San Benedetto del Tronto specializzata nelle tecnologie rinnovabili, è stato presentato a Firenze durante «Lavori verdi», summit sull’energia alternativa voluto dal leader dei Verdi toscani Fabio Roggiolani e al quale hanno partecipato esperti da tutta Europa. La macchina, che ricorda un cono, ha il vantaggio di non avere le pale e dunque di poter essere mimetizzata molto meglio nell’ambiente. Un aerogeneratore raggiunge in media i venti, trenta metri, «Tornado» non supera i due/tre metri e in futuro sarà ancor più miniaturizzato. «Funziona ovunque anche dove non c’è troppo vento – spiega Roggiolani – perché è in grado di accelerare l’aria e di creare un effetto tornado ottimo per muovere le turbine e produrre energia». La resa energetica è superiore a quella di un normale aerogeneratore e il costo inferiore al 30%. Come funziona? «L’aria penetra dalla base del cono – risponde Giovanni Cimini, presidente della Western co – e dentro la macchina il flusso viene trasformato in un vortice fino a quando, potentissimo, raggiunge la sommità del dispositivo dove si trovano le turbine per generare l’energia elettrica».

PRIME MACCHINE DAL 2010 – I test saranno effettuati da un consorzio di aziende hi-tech toscane e marchigiane in collaborazione con l’Università delle Marche e il Cnr di Firenze. Un primo impianto sarà installato nel Parco dei Monti Sibillini. Poi si passerà alla produzione. «Contiamo di costruire le prime macchine dopo il primo semestre 2010», annuncia Cimini.

Ma le meraviglie tecnologiche verdi non finiscono qui. Sempre al summit di Firenze sono stati presentati sistemi per catturare energia dall’ambiente senza inquinare. Come la piattaforma meccanica e chimica, messa a punto dall’ingegner Alessio Cianchi (Officine Berti), capace di sfruttare la cavitazione e la luminescenza dell’acquae trasformarla in energia. E ancora le «nuove molecole fotovoltaiche» presentate dal Laboratorio europeo di spettrofotometria non lineare dell’Università di Firenze in grado, in un futuro molto prossimo, di centuplicare la potenza di un pannello fotovoltaico. Quasi fantascientifica la ricerca del dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa. I professori Paolo Fulignati e Alessandro Sbrana hanno presentato alcuni impianti «a ciclo binario» capaci di trasformare il calore del sottosuolo in energia elettrica senza estrarre alcun fluido dalla falda.

Fonte: progettonuovaenergia.blogspot.com

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Fusione nucleare: a Padova generata un’elica di plasma da fusione a 15 milioni di gradi

Posted by darmel su 18 settembre 2009

Parliamo di energie alternative, di risorse rinnovabili, di fonti energetiche diverse dagli idrocarburi. Insomma, parliamo di una branca di studio che è sulla bocca di tutti ma della quale pochi conoscono gli attuali sviluppi. Ad esempio: lo sapevate che negli ultimi sessant’anni un’enorme mole di studi si è concentrata sul tentativo di ricavare energia dalla fusione nucleare? Sapevate anche che in Italia, a Padova, c’è uno dei più grandi esperimenti al mondo per lo studio della fusione termonucleare?

Si chiama RFX, e nelle scorse settimane ha raggiunto un traguardo notevole. I ricercatori padovani sono infatti riusciti a produrre un plasma da fusione a 15 milioni di gradi. Questo plasma è in grado di assumere spontaneamente una conformazione “a elica” che gli conferisce una maggiore stabilità.

Ma che importanza ricopre la elica di plasma padovana nello sviluppo di energia da fusione?

Ne abbiamo parlato direttamente con Piero Martin che, insieme a Maria Ester Puiatti del Cnr, è  responsabile scientifico dell’esperimento.

W: Buongiorno professore. Per cominciare, qual’è lo stato attuale delle ricerche sulla fusione?
P.M.: In tutto il mondo ci sono laboratori che lavorano sulla fusione a confinamento magnetico. Il gas di isotopi di idrogeno, dove dovrebbero avvenire le reazioni di fusione, viene contenuto in un reattore a forma di ‘ciambella’ da un campo magnetico. Sperimentalmente ci sono tre tipi di dispositivi: il
Tokamak, lo Stellarator e il Reversed Field Pinch (configurazione a campo rovesciato, RFP). Queste tre tipologie differiscono sostanzialmente per la forma del campo magnetico utilizzato per confinare il plasma.

W: La nuova configurazione del vostro plasma in cosa differisce da quelle finora sperimentate?
P.M: Il nostro esperimento si chiama RFX ed è un RFP. Utilizza un campo magnetico di ampiezza molto inferiore rispetto al Tokamak. Questo potenzialmente può comportare notevoli semplificazioni tecnologiche e consente di studiare la fisica dei processi di fusione in un regime di basso campo magnetico. RFX è dotato di 192 bobine elettriche che controllano la stabilità del plasma producendo opportuni campi magnetici. Il sistema è controllato da un potente computer, che elabora 600 misure simultanee di stabilità e reagisce in tempi inferiori al millesimo di secondo. Si tratta del più avanzato sistema di controllo in feedback della stabilità mai realizzato per un esperimento a fusione.

W: Che miglioramento comporta la forma ad elica in termini di contenimento ed efficienza energetica? 
P.M.: RFX ha evidenziato come nella configurazione magnetica RFP il plasma assuma una forma  elicoidale. In questa forma il campo magnetico produce un efficiente strato di isolante termico con uno spessore di circa 20 centimetri. Questo strato consente di mantenere il plasma, riscaldato da un’intensa corrente elettrica, ad una temperatura centrale di circa 14-15 milioni di gradi. È  un miglioramento significativo rispetto a prima (un fattore 4 nella qualità del contenimento energetico). In questa configurazione il plasma sembra anche avere migliori proprietà di stabilità.

W: Quali sono le temperature raggiunte nel plasma? Quali dei campi magnetici usate?
P.M.: Le temperature massime finora raggiunte sono di circa 1300-1400 elettronvolt, che corrispondono a circa 15 milioni di gradi Kelvin. Il campo magnetico applicato è di qualche decimo di Tesla.

W: In un futuro reattore, come potrà essere estratta e utilizzata l’energia?
P.M.: Gli esperimenti attuali ancora non producono energia.
ITER, il nuovo grande esperimento in fase di costruzione a Cadarache, nel sud della Francia, sarà il primo esperimento che produrrà significative quantità di energia da fusione (400 Mega watt). In un futuro reattore commerciale l’energia prodotta dalla fusione andrà a riscaldare un fluido che circolerà attorno al reattore, da cui si genererà energia elettrica attraverso un comune schema termo-elettrico.

Fonte: wired.it

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Google finanzia energia pulita da alghe offshore

Posted by darmel su 18 settembre 2009

La Nasa si prepara a progettare sistemi per la raccolta di alghe cresciute in appositi sacchetti di plastica in mare per produrre biocarburanti senza consumare acqua e sottrarre terra all’agricoltura e depurando, al tempo stesso, le acque reflue e i liquami che non saranno piu’ scaricati in mare. Un sistema vincente da un lato per la produzione di biocombustibile e dall’altro per la capacita’ del sistema di fare da filtro alle acque sporche.

L’idea e’ venuta allo scienziato Jonathan Trent e arriva direttamente dallo studio di tecniche per migliorare la qualita’ della vita degli astronauti nello spazio, che possono disporre di risorse limitate come l’acqua.

Tra i finanziatori troviamo anche i fondatori di Google, Larry Page e Sergey Brin che affermano di aver investito $ 250.000 nel progetto di Trent e nel continuo impegno di sviluppare un biocarburante dalle alghe utilizzando soprattutto una tecnologia low-tech: le acque reflue. Si utilizzerebbero sacchi di plastica o involucri (gli stessi che vengono utilizzati ora dalla NASA per studiare il riciclaggio delle acque sporche nelle missioni spaziali) con membrane semi-permeabili, che utilizzano una particolare applicazione dell’osmosi, da posizionare nell’oceano per consentire al flusso di acqua di scorrervi attraverso per farvi crescere delle alghe.

”Il motivo per cui le alghe sono cosi’ interessanti e’ dovuto all’elevata capacita’ produttiva di alcune specie”, ha affermato Jonathan Trent, a capo del team di ricerca al centro Nasa di Moffett Field, California. Semplicemente confrontandola con le altre materie prime impiegate ci si accorge come, a fronte di una produzione annuale di circa 50 litri di olio per ettaro dalla soia, di 160 l dalla colza e di quasi 600 l dalla palma, con alcuni tipi di alghe si potrebbe arrivare a produrre fino a 2.000 litri di olio”. La competizione con le colture alimentari, la sottrazione di spazio utile e le richieste idriche dei processi di sintesi sono i punti deboli di una tecnologia che continua a suscitare polemiche. Un’opzione ad alta sostenibilita’, in tal senso, e’ quindi rappresentata dalle alghe, al cui vantaggio di assicurare una produzione energetica per ettaro piu’ elevata rispetto a qualsiasi altra fonte bioenergetica, si somma la capacita’ di riutilizzare metalli pesanti e residui di idrocarburi.

Il progetto Nasa mira a prendere di petto il problema relegando il processo in mare ed affidando alla natura stessa lo svolgimento di alcune fasi. ”L’ispirazione che avevo era di utilizzare dei sacchetti costituiti da membrana per farvi crescere offshore le alghe”, continua Trent. Un concetto semplice ed elegante secondo il suo ideatore che prevede, dunque, il riempimento di buste di plastica in membrana semi permeabile con acque reflue e liquami, ottimo terreno di crescita per questi organismi. Questa sorta di isole artificiali riceverebbero direttamente la luce del sole e attraverso l’osmosi assorbirebbe la CO2 atmosferica rilasciando ossigeno e acqua dolce; alla capacita’ termica del mare il compito di controllare la temperatura mentre le onde manterrebbero il sistema in movimento e dunque attivo. Inoltre i sacchetti dopo due anni di utilizzo verrebbero riciclati.

Fonte:
progettonuovaenergia.blogspot.com
ischiablog.it

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Lettera di Romina Power ai ministri: “Dico no ai vaccini e vi spiego perché”

Posted by darmel su 16 settembre 2009

E’ difficile distinguere la strada migliore per preservare la nostra salute quando le nostre decisioni sono influenzate dalle bugie dei mass media e dagli annunci allarmanti di colossi multinazionali il cui unico scopo non è avere un mondo migliore e alleviare la sofferenza umana, ma fare sempre più profitti, a qualsiasi costo. La migliore leva per il controllo è l’utilizzo delle paure delle persone.

Lettera di Romina Power ai ministri: “Dico no ai vaccini e vi spiego perché“.

Alla cortese attenzione del Ministro della Salute, On. Maurizio Sacconi e del Vice Ministro della Salute, On. Ferruccio Fazio.

Egregio Signor Ministro, Egregio Signor Vice Ministro. Vi scrivo in merito alla supposta “pandemia” A/H1N1, meglio nota come “febbre suina”. Secondo quanto avete dichiarato ai media, sono previste per l’Italia due tranches di vaccinazioni; la prima in autunno 2009 e una successiva all’inizio del 2010. Come cittadina italiana e contribuente, mi permetto dunque di sottoporVi alcuni seri dubbi riguardo all’opportunità della campagna di vaccinazione.

1. Secondo quanto apprendo dalle Vs dichiarazioni, i sintomi dell’influenza A/H1N1 non sarebbero altro che quelli della normale influenza stagionale, in forma più lieve per giunta. E mentre l’influenza stagionale provoca fino a 5000 decessi ogni anno solo in Italia, in questi mesi la A/H1N1 ha provocato “soltanto” poco più di 700 decessi in tutto il mondo.

2. E’ perfino superfluo rammentarVi quanto possa essere nocivo un vaccino al sistema immunitario, specialmente nei bambini e negli anziani e, di conseguenza, quanto sia inopportuno scegliere la strada del vaccino per malattie di poco conto e scarsamente nocive come questa influenza suina.

3. Gravissime accuse contro l’OMS, le case farmaceutiche Baxter, Sanafi-Aventis e Novartis e una serie di personaggi di rilievo della finanza e della politica internazionale, sono state mosse dalla nota giornalista austriaca Jane Burgermeister (leggi La Scienza Verde di agosto). Secondo la denuncia, sia il vaccino che la stessa epidemia A/H1N1 sarebbero armi biologiche deliberatamente utilizzate per la riduzione della popolazione mondiale.

4. L’ingiunzione dell’affermata giornalista contiene una dettagliata documentazione atta a dimostrare la reale entità dell’epidemia di influenza suina e del relativo vaccino, nonché le gravissime responsabilità degli enti e delle persone chiamate in causa. Sulla base dell’ingiunzione presentata dalla Burgermeister, sono attualmente in preparazione un’ulteriore ingiunzione ed una mozione ad opera di un team di esperti legali americani. Per quanto le gravissime accuse mosse contro l’OMS e Big Pharma siano ancora da dimostrare in tribunale, sarebbe quanto meno opportuno che il Ministero della Salute tenesse conto di queste, prima di “buttarsi a pesce” nell’avventura di una vaccinazione di massa.

5. La stessa OMS non ha escluso rischi, affermando che “nella produzione di alcuni vaccini per la pandemia sono coinvolte nuove tecnologie che non sono state ancora valutate estensivamente per la loro sicurezza in certi gruppi della popolazione”.

6. Una serie di eventi e circostanze getta pesanti ombre su questa vaccinazione, nonché sul ruolo di Big Pharma nella politica sanitaria dell’OMS.

7. Il Vice Ministro Fazio ha dichiarato che il costo per l’acquisto dei vaccini ammonterebbe a “poche centinaia di milioni di euro”. Una cifra, secondo il Vice Ministro che non creerebbe problemi, neanche in “periodi di magra” come questi. Con tutto il rispetto, considero questa dichiarazione un vero e proprio insulto ai cittadini che faticano ad arrivare a fine mese!

Per questa serie di ragioni, mi appello al Vostro buon senso, nonché alla Vostra professionalità, nel chiederVi di riconsiderare la Vostra posizione sulla campagna di vaccinazione per l’A/H1N1 indicata dall’OMS, sulla base di quanto riportato sopra. Al di là delle direttive dell’OMS, la responsabilità politica in materia di sanità in Italia spetta al Ministero e per questo mi rivolgo a Voi. Vi anticipo che, nell’eventualità di una vaccinazione di massa, non mi sottoporrò ad essa. Se anche tale vaccinazione fosse fortemente vincolante o addirittura (Dio non voglia!) coatta, la rifiuterei comunque, sulla base dei punti elencati sopra, nonché delle ingiunzioni presentate. Sono in procinto di contattare la signora Burgermeister ed alcune delle più note associazioni italiane in difesa della libertà di scelta in materia di vaccinazioni sperando di ricevere aiuto e consiglio.

Includo in copia conoscenza CC alcuni dei migliori siti internet italiani di informazione, al fine di lasciare una traccia di quanto Vi ho scritto. Se i gestori di tali siti internet e blog vorranno pubblicare questo mio appello a Voi, hanno il mio pieno consenso a farlo. Auspico anzi che da tale lettera possa eventualmente nascere una petizione da sottoporre alla cortese attenzione del Ministero della Salute, al fine di sensibilizzarlo ulteriormente al problema, poiché al di là della preoccupazione di alcuni cittadini per questa influenza suina – preoccupazione esclusivamente generata dal vergognoso ed ingiustificato allarmismo dei media tradizionali (un vero e proprio “terrorismo mediatico”)- tanti italiani sono contrari al vaccino, lo reputano inutile e nocivo e vi intravedono i forti interessi lobbistici di Big Pharma, se non il tentativo di introdurre politiche di “militarizzazione” della sanità e di recare danno alla salute della popolazione. Nella speranza che gli argomenti esposti possano essere da Voi presi in considerazione, Vi porgo distinti saluti.

Romina Power

Fonte: scienzaverde.it

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Progetto FREeSUN: solare termodinamico a concentrazione

Posted by darmel su 15 settembre 2009

Capofila del consorzio è Fera (Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative), l’azienda fondata a Milano nel 2001, che si è aggiudicata, insieme al consorzio, lo sviluppo del progetto FREeSUN, con la dotazione di un contributo di 12,5€ milioni dal Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito di Industria 2015 Efficienza Energetica [n.24, EE01_00012].

Il consorzio coordinato da FERA è costituito da aziende (IMAT S.p.A., del Gruppo Marcegaglia, e Almeco S.p.A., s.d.i. automazione industriale S.r.l., Xeliox S.r.l., Turbocoating S.p.A., DNA Engineering), università e centri ricerca (CNR, Politecnico di Milano, Università degli Studi di Genova, Università degli Studi di Catania, Università degli Studi di Firenze, CNR ITAE, Fraunhofer).
Le aziende e gli organismi di ricerca del consorzio si occuperanno principalmente dello sviluppo dei componenti base del sistema, mentre FERA avrà il compito di progettare e realizzare il relativo impianto industriale.

In cosa consiste il CSP (Concentrated solar power)?

La tecnologia impiegata si basa sulla riflessione dei raggi solari tramite specchi tipo Fresnel.

I raggi riflessi vengono diretti verso un tubo ricevitore al cui interno passa un fluido vettore che si riscalda a elevata temperatura e produce vapore.
Il vapore può essere utilizzato per alimentare una turbina per la
produzione di energia
elettrica
, nei sistemi di solar cooling, per il raffrescamento degli edifici, nei processi industriali, negli impianti combinati CSP – biomassa, negli impianti di desalinizzazione.

La tecnologia con specchi Fresnel si differenzia da quella basata su collettori parabolici lineari per l’utilizzo di specchi piani disposti a stringhe che concentrano la luce su un tubo ricevitore posto al di sopra del campo di specchi. Pur avendo un rendimento minore rispetto agli specchi parabolici è ritenuta più vantaggiosa sul piano dei costi tanto che, secondo l’istituto di ricerca Fraunhofer ISE, l’adozione di questa tecnologia nei climi più soleggiati potrebbe portare subito a un costo di produzione dell’elettricità pari a 0,12 euro/kWh, molto competitivo con quello delle fonti tradizionali.

Gli obiettivi a breve termine per il progetto FREeSUN sono:
– Sviluppare una tecnologia di solare a concentrazione cost competitive per la produzione di energia elettrica
– Realizzare il prototipo dimostrativo (circa 1MWe) rappresentativo di un impianto industriale

Obiettivi a lungo termine:
– Coinvolgere gruppi industriali italiani per creare una supply chain nazionale
– Esportare la tecnologia
– Coprire almeno 100 MW del mercato CSP entro il 2014

Per saperne di più sull’argomento consiglio la visione del sito della vivace azienda Fera (Fabbrica Energie Rinnovabili Alternative).

Fonte:
quotidianocasa.it

Fera

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Moria delle api: il Ministro Zaia conferma lo stop ai pesticidi per il 2010

Posted by darmel su 13 settembre 2009

Il Ministro all’Agricoltura, Luca Zaia, conferma lo stop dei pesticidi, le cui molecole sono ritenute responsabili della moria delle api, che negli ultimi due anni ha dimezzato le colonie di api mellifere italiane. Il decreto è stato prorogato fino al 2010, in accordo con il Ministero della Salute, e riguarda la sospensione in via cautelativa dell’uso dei neonicotinoidi per la concia del mais.
Scrive Zaia sul suo blog:

Confermo che il decreto per la sospensione dei neonicotinoidi per la concia del mais sarà in vigore anche nella prossima annata agraria. I numeri parlano chiaro: quest’anno, dopo la sospensione, ci sono stati solo due casi di moria di api, contro i 185 dello scorso anno. Non possiamo ignorare questo dato né possiamo abbandonare i nostri 75 mila apicoltori e il milione e più di alveari che abbiamo in Italia.

Ha aggiunto Zaia:

Non vogliamo penalizzare nessuno. Si tratta semmai di una prudenziale sospensione del giudizio per riconciliare tutti i settori produttivi e trovare una soluzione definitiva e condivisa che salvaguardi le api, fondamentali per la stessa sopravvivenza della nostra agricoltura, e che allo stesso tempo venga incontro alle esigenze di un settore così importante qual è quello maidicolo.

Fonte: ecoblog.it

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Abolite l’elenco telefonico, costa 5 milioni di alberi l’anno

Posted by darmel su 11 settembre 2009

Elenchi telefonici? No, grazie. A chiederlo è il popolo di internet che, tramite una protesta verde partita dagli Stati Uniti e approdata anche in Italia, invita le compagnie di distribuzione a lasciare agli utenti la possibilità di scegliere se ricevere o meno gli elenchi.

Contro una consegna a pioggia, che spesso non raggiunge chi ne ha davvero bisogno, ma arriva nelle case di chi quegli enormi volumi non li scarterà neanche; contro i costi di produzione e consegna; contro soprattutto lo spreco di carta, acqua e carburante.

Il movimento chiede di lasciare all’utente la libertà di stabilire, a seconda dei casi, se il servizio sia più o meno utile. In modo così che ognuno decida se lo vuole oppure no.

Quand’è l’ultima volta che ne avete consultato uno? Se avete bisogno di un numero di telefono cosa fate per procurarvelo? Per molti la risposta sarà internet. Ecco quindi che dagli Stati Uniti parte la campagna “Ban the Phone Book”, ovvero “Aboliamo l’elenco”. Prima con l’apertura di un sito (www.banthephonebook.org) e poi con un sondaggio (l’81% dei consumatori intervistati è d’accordo).

Soprattutto a fronte dei dati diffusi dal sito: sarebbero 5 milioni gli alberi utilizzati ogni anno per la realizzazione delle “pagine bianche” americane e le operazioni di riciclo costerebbero ai contribuenti oltre 17 milioni di dollari annui. Inoltre il 75% degli intervistati dichiara di non essere a conoscenza dell’impatto ambientale ed economico delle operazioni di stampa, recapito e riciclaggio dei volumi.

In Italia le voci di protesta sono ancora poche e soprattutto meno organizzate. Un giro rapido della rete consente di scoprire che nel 2008 è stata lanciata una petizione online rivolta al ministero delle Comunicazioni che ha reclutato appena 34 firmatari. “Perché, a partire dal prossimo anno, non si trova il modo di chiedere chi vuole, e chi no, ricevere questi elenchi, riducendo così lo spreco di risorse?”. Questo il testo della petizione.

Più seguito è sicuramente il gruppo di Facebook “Eliminiano gli elenchi cartacei per chi ha internet” dove, intorno al fondatore Stefano Belardini, si sono riuniti un centinaio di interessati. “Sono un avvocato ma con degli amici ho fondato una onlus per la costruzione di pozzi di acqua potabile nei villaggi del Mali – spiega Stefano – Per questo sono molto sensibile al tema dell’acqua e in generale a quello dell’ambiente. Basti pensare che per fare 1kg di carta ci vogliono 500 litri di acqua e 2kg di legname. E’ assurdo che chi ha internet a casa o negli uffici si debba ancora vedere consegnare chili e chili di carta. Vorrei che almeno le persone possano su propria iniziativa dichiarare di non voler ricevere il cartaceo”.

Sui reali numeri di produzione e distribuzione degli elenchi in Italia è proprio la Seat Pagine Gialle, in qualità di editore di PagineBianche e PagineGialle, a fornire i dati aggiornati. Ogni anno vengono distribuite alle famiglie italiane 27,7 milioni di copie del volume PagineBianche e 22,5 del volume Pagine Gialle, utilizzando un totale di 45mila tonnellate di carta. Si tratta di carta speciale per elenchi, acquistata per il 45% in Finlandia, il 45% in Svezia e il 10% in Canada. Sul totale il 30% è carta riciclata e il 70% proviene da foreste oggetto di piani di riforestazione. Dagli anni ’70 è inoltre attivo un servizio di ritiro sul territorio italiano degli elenchi distribuiti nell’anno precedente.

A fronte dei milioni di volumi che Seat dichiara di distribuire ci sono però, secondo i dati GfK Eurisko dell’ultimo trimestre forniti sempre da Seat, 23,9 milioni di consultatori. Quanto basta per far pensare che gli italiani che utilizzano gli elenchi cartacei sono un numero inferiore rispetto alle copie distribuite e che probabilmente questi italiani preferiscono la versione online o altri servizi. Per loro, magari non proprio per tutti ma sicuramente per chi ha a cuore la questione ambientale e il risparmio energetico, arriva il consiglio degli avvocati del Codacons.

Ad ogni modo io personalmente ho già chiesto al mio operatore telefonico italiano di non ricevere più l’elenco telefonico… io non so davvero che farmene. Fatelo anche voi se non vi serve! Basta consumare risorse senza rendercene conto.
Spesso la gente si chiede cosa può fare per aiutare il mondo o la natura. In verità l’azione del singolo è molto importante e si può fare davvero tanto, con tanti piccoli cambiamenti… e questo può essere il primo. Chiamate il vostro operatore telefonico!

Fonte: repubblica.it

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Il treno a levitazione magnetica UA4Q: ecologico, veloce e… italiano!

Posted by darmel su 10 settembre 2009

ROMA – Può viaggiare a una velocità anche di 600 km l’ ora consentendo un risparmio di circa 7mila tonnellate di carburante l’ anno rispetto a un tradizionale treno ad alta velocità. E’ il treno a levitazione magnetica “UAQ4″, progettato e testato dall’ Università dell’ Aquila e che al momento, per il forte contenuto d’ innovazione tecnologica, risulta essere il treno più avanzato ed ecologico al mondo: non inquina e non produce vibrazioni e rumori.

IL TRENO A LEVITAZIONE MAGNETICA
La tecnologia del treno UAQ4, protetta da diversi brevetti, é stata sviluppata e completamente testata con successo in laboratorio da un gruppo di ricercatori dell’ Università dell’ Aquila, coordinati dai professori Giovanni Lanzara e Gino D’ Ovidio. L’ UAQ4 è l’ unico treno a levitazione magnetica che non ha resistenze al moto – ad eccezione di quella aerodinamica – garantendo pertanto ridottissimi consumi energetici. Come funziona. L’ UAQ4 è un treno a via guidata, ovvero un sistema in cui non vi è contatto fisico tra le parti fisse (guidovia) e quelle mobili (veicolo). Il sistema usa supermagneti distribuiti lungo la guidovia e superconduttori, raffreddati con azoto liquido, posti a bordo del veicolo.

I SUPERCONDUTTORI
I superconduttori – spiega il prof. Gino D’ Ovidio – sono particolari materiali che al di sotto di una determinata temperatura, detta di transizione alla superconduttività, non hanno alcuna resistenza al passaggio della corrente elettrica ed espellono (completamente o in parte) i campi magnetici presenti al loro interno. I supermagneti, invece, sono materiali sinterizzati di tipo ceramico in grado di generare altissimi campi magnetici.

L’ interazione tra i campi dei supermagneti e i superconduttori genera contemporaneamente la sostentazione e la guida del veicolo in ogni fase del moto: in altri termini il veicolo resta sempre sospeso e centrato in maniera stabile rispetto alla via“.

NIENTE PIU’ DERAGLIAMENTI
Insomma, questo sistema riduce quasi a zero la possibilità di un deragliamento in quanto produce un effetto ‘richiamo’, una sorta di effetto calamita, che impedisce al convoglio di uscire dal tracciato. “La propulsione del veicolo UAQ4 – spiega ancora il prof. D’ Ovidio – è garantita da un innovativo motore lineare ad induzione in grado di superare elevate pendenze di percorso e di recuperare energia durante le fasi di decelerazione. Con un percorso ‘intubato’, il treno può garantire velocità di gran lunga superiori ai 600 km orari“. Il prototipo è frutto di un’ attività di ricerca pluridecennale iniziata dal Prof. Lanzara alla fine degli anni ‘60 negli Stati Uniti (Universita’ del Kentucky) e poi presso l’ Università di Palermo (1968-76). A partire dai primi anni ‘90 la ricerca è stata definitivamente sviluppata presso l’ Università di L’ Aquila.

ALLA RICERCA DI UN PARTNER TECNOLOGICO
Manca ora un progetto di sviluppo industriale, con partner tecnologici che siano in grado di realizzarlo – spiega il prof. D’ Ovidio -: ecco perché lo abbiamo presentato al G8 dove il progetto ha riscosso molto interesse soprattutto da Brasile, Russia e Australia. Inoltre – conclude – questo progetto, poiché vede la sua luce all’ Aquila, potrebbe rappresentare anche una opportunità importante in termini di ricadute industriali per quest’area che, dopo il terremoto, ha forte bisogno di un immediato rilancio“.

Fonte: mondoecoblog.com

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